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Il Sentiero Religioso di Montà d'Alba, raccontato da Silvano Bertaina.

L'arguta e vivace penna del giornalista Silvano Bertaina ci porterà a conoscere il territorio attraverso il viaggio di alcuni originali personaggi! Foto di Tino Gerbaldo e Silvano Bertaina.

Percorrendo qualche sentiero dell’Ecomuseo delle Rocche di Montà nel Roero, vi potrà capitare di incontrare tre strani individui. Uno è alto e magro, è un giornalista. Uno è piccolo, rotondetto e un poco più anziano: è suo zio, si chiama Irmo. Insieme a loro c’è una donna con i capelli rossi e le lentiggini: si chiama Anabel, è irlandese, è la moglie dello zio Irmo. Percorrono tutti i sentieri, uno alla volta.

Si godono i boschi, i panorami e i silenzi del Roero. Il giornalista ha il compito di raccontarli.

 

Il Sentiero Religioso - Montà

https://izi.travel/it/e748-sentiero-religioso/it

 

Non ricordavo che a Montà la domenica è giorno di mercato.

Verso le nove del mattino appare il sole di una timida primavera.

Un venticello frizzante ha struffato il cielo. Le montagne, nemmeno troppo lontane, appaiono velate come da una soffice ragnatela: solo il Monviso si distingue, bello, austero, autorevole, impavido, vero Re di Pietra.

Parcheggiamo in corso Marconi, torniamo verso piazza Vittorio Veneto e passiamo all’Ufficio dell’Ecomuseo per prendere la cartina e informarci sul percorso.

 

Lo zio Irmo è piccolino, rotondetto, ha le gambe corte e storte, cosicchè cammina barellando che sembra debba ribaltarsi da un momento all’altro. Si porta appresso, appesa al collo, una vecchia reflex della Nikon. Annabel lo sovrasta di venti centimetri almeno. Magrissima, lentigginosa, ha lunghi capelli rossi e sorride sempre, anche quando lo zio Irmo dice delle stupidaggini o borbotta qualcosa di incomprensibile.

Avendo entrambi vissuto la maggior parte della vita in una città industriale del nord Europa, sembra abbiano bisogno di respirare, di spazi, di aria pulita.

Le bancarelle del mercato non li incuriosiscono. Da via Santuario attraversiamo la parte di Montà che guarda verso sud, sulla linea che divide la pianura torinese da quella grattugia di guglie e dirupi, collinotte e valli boscose che è il Roero.

Arriviamo in breve alla strada asfaltata che sale alla Croce luminosa e poi al Santuario dei Piloni.

Cominciamo a sentire il profumo dei fiori, la terra ha strisce di colori diversi che vanno dal grigio al bianco sabbioso, al rosso delle argille.

Non mi aspettavo che lo zio Irmo camminasse così veloce. Si inerpica ondeggiando fin sul monumento dedicato ai Caduti e dispersi della campagna di Russia, scatta alcune fotografie armeggiando a lungo con lo zoom.

Anabel è molto più “smart”, traffica svelta sulle icone dello smartphone, posta sui Social “storie” e “reel”, ma non conosce le piante.

-Cosa sono quelli? – mi domanda.

-Ecco …appunto … – le fa eco lo zio Irmo.

Li guardo interdetto.

-Cosa volete che siano? Castagni!

Ce ne sono di notevoli, il bosco è pulito. Si stupiranno quando vedranno quelli grandi davvero di Monteu!

Arriviamo al Santuario dei Piloni. La via Crucis comincia da lì, costeggiamo la strada silenziosa che risale il pendio. I gruppi di statue all’interno delle cappelle meritano ciascuno una foto di Annabel, lo zio Irmo sembra più interessato alla flora.

-E quel pendio lì? Come mai ci sono i fichi d’india?

Gli rispondo.

-Un signore, lo chiamano Doro, cura da anni questo posto. Adesso non c’è, un giorno te lo farò conoscere.

Cominciamo a scendere nel sottobosco, fra lecci e quercioli. Raggiungiamo il fondo della valle Diana. Non piove da mesi, ma lì è umido, la strada a tratti è fangosa. I nostri passi risuonano in un silenzio rotto soltanto da qualche cinguettio di uccello o dal fruscio di una lucertola impaurita.

Passiamo vicino ad una tartufaia.

-Non sapevo che coltivassero i tartufi! – sbotta lo zio Irmo.

-Non è che li coltivano … – rispondo.

Lo zio è perplesso.

-Le tartufaie servono a creare le migliori condizioni affinchè le trifule possano svilupparsi – preciso – e al contempo si fa una buona manutenzione del bosco. Se ne occupano ad esempio alcune associazioni di tartufai: boscaglie e rovi non favoriscono tra l’altro i cani, che li trovano.

-Com’è che si chiamano i cani da tartufo? – mi domanda Anabel.

-Tabui.

 

Cominciamo a risalire il pendio dopo aver incrociato un tratto del Sentiero dell’Apicoltura.

Lo zio Irmo soffia come un mantice. Anabel invece sale leggera sulle sue gambe magroline. Raggiungiamo il Ciabot Cà d’ Avie.

-Da qui ripasseremo un’altra volta, ma in discesa zio! I sentieri tracciati dall’Ecomuseo sono direzionali, le paline con le frecce consentono a chiunque di non perdersi, ma vanno percorsi nel senso giusto.

-Manca molto?

-No. Siamo praticamente a due passi da Montà. Se hai voglia quando siamo in cima facciamo un salto fino al castello e …

Lo zio Irmo è rosso come un peperone. Guarda implorante la compagna.

-Forse come prima passeggiata va bene così – sussurra lei.

Raggiungiamo via P. Mossello, poi in piazza ritroviamo le bancarelle e l’auto.

-Domani dove si va? – mi domandano entrambi mentre si tolgono gli scarponcini.

-Che ne dite del Sentiero del Trifolau, così si approfondisce la questione “tartufi”?

-Si parte da?...

-Vezza d’Alba.

Lo zio Irmo sembra convinto.

-Alle ore 14 saremo lì, mandaci la geolocalizzazione della partenza.

Non so dove alloggiano, non me l’hanno detto. Li lascio in una delle piazze di Canale dove li ho incontrati.

Stasera mangeranno risotto al tartufo e peperoni con la bagna cauda, solo questo mi hanno confidato.

Non parlano molto lo zio Irmo e la dolce Anabel.

Dopotutto è una buona abitudine.

 

APPROFONDISCI L'ITINERARIO Sentiero Religioso e come percorrerlo:
https://www.ecomuseodellerocche.it/it/sentieri/4/sentiero-religioso
  

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